Togliamo subito il dubbio: se per testare le allergie alimentari esistono test diagnostici validati scientificamente ed altamente attendibili, per le intolleranze alimentari invece non sono disponibili test attendibili (fatta esclusione per il breath test per l’intolleranza al lattosio, gli altri sono delle remunerative bufale commerciali!).

Il boom dei test per le intolleranze alimentari sta permettendo grossi guadagni a chi “si barcamena” nella nutrizione! null’altro!  Questi metodi non dovrebbero trovar posto in una professione corretta e non vanno proscritti perché possono comportare anche dei rischi.

Precisiamo:

Per le allergie alimentari è necessaria un’accurata visita allergologica e sono disponibili diversi test diagnostici validati scientificamente: si tratta di test cutanei (Prick test e Patch test, in cui l’allergene viene, rispettivamente, o iniettato direttamente sotto pelle o posto a contatto con la cute. con questi test, reazioni quali gonfiore moderato ed arrossamento rivelano la reazione agli allergeni presi in considerazione e quindi la presenza di allergia verso l’antigene testato) o test di laboratorio  (RAST,RadioAllergoSorbent Test, cioè test radioallergoassorbente, che cerca la quantità di IgE nel sangue in circolo, dato che la presenza di immunoglobuline E è la conferma di una reazione allergica in atto).

Questi gli unici test attendibili per testare le allergie!

e per le intolleranze?

Per le intolleranze alimentari non sono disponibili test attendibili!

unico test attendibile è il breath test per l’intolleranza al lattosio. tutti gli altri test “commercializzati” sono una grossa bufala! perciò attenzione!!!

Di seguito si riportano, in dettaglio, i metodi più utilizzati al momento e “spacciati” per test delle intolleranze alimentari. per ognuno di questi è presente una breve spiegazione. il testo proviene dal Bollettino Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Como – 5/2005.

Buona lettura ed attenti a chi abusa delle vostra fiducia!

VALUTAZIONE DEI TEST NON CONVENZIONALI
NELLA DIAGNOSTICA ALLERGOLOGICA
INTRODUZIONE
Sempre più spesso vengono proposti ed usati dei nuovi metodi per la diagnosi e la terapia
delle allergopatie che si discostano da quelli classici e passati al vaglio della sperimentazione; la loro lista è oggi assai lunga. Usiamo il termine di metodi non comprovati, per indicare queste procedure che, una volta appunto sottoposte a tale vaglio, si sono dimostrate
carenti sia di credibilità scientifica che di efficacia clinica.
I fattori che possono influenzare medico e paziente nelle loro scelte diagnostiche-terapeutiche sono diversi. Prima di tutto il paziente è continuamente alle prese col tiro alla fune che si
svolge fra la medicina allopatica e “alternativa”, i consigli del farmacista, le pronuncie delle
organizzazioni dei pazienti e dei consumatori e quelle dei mass media. Non pochi pazienti

si sono sentiti prima o poi defraudati dalla medicina classica e sono perciò alla ricerca
di terapie più soddisfacenti.
Grande è dunque oggi l’attesa per metodi cosiddetti “naturali” o “soft”, per cure che
evitino la “chimica” o che si rifacciano alla medicina cinese o tibetana; vie tutte in grado di compensare, nella mente del paziente, l’eccesso di “tecnicità” della moderna
medicina! Ovvio è l’effetto placebo dell’idea implicita e ovvia pure la strumentalizzazione che di questo effetto possono fare quei gruppi di medici che basano la loro pratica su teorie e metodi poco ortodossi e quei produttori che, dietro la loro scia, mettono
in commercio le apparecchiature relative.
Nel tentativo di razionalizzare e interpretare la sua sensazione di malessere, il paziente spesso rivolge la sua attenzione agli influssi esterni come la dieta o, ancora meglio,
alle “sostanze chimiche” che la dieta contiene. Non va dimenticato che circa il 25%
della popolazione ritiene di essere allergica a questo o quell’alimento. È su questa
quota di soggetti che agisce la suggestione esercitata da professionisti di dubbia fama
sostenenti che le allergie alimentari sono alla base di praticamente tutte le patologie
che una persona può presentare.
Per convalidare la teoria, ovviamente falsa, essi si valgono di test che secondo essi sarebbero in grado di identificare i cibi e gli additivi responsabili. L’uso di questi test,
privi di base scientifica, porta all’adozione di diete altrettanto irrazionali dal punto di
vista allergologico. Ne è un esempio la dieta cosiddetta di rotazione di cui si parlerà
più avanti; dieta che avrebbe l’effetto di alleviare il disturbo di cui il paziente è portatore e che magari lo fa, proprio per l’effetto placebo ridotto dall’aspettativa del paziente. Effetto, naturalmente, di breve durata; ciò che favorisce la ricerca di un altro
“reo” sia nel comparto alimentare che in quello ambientale.
Nella casistica di questi interventi “alternativi” le diagnosi più frequenti sono quelle di
allergia al latte, al frumento, al lievito, agli additivi alimentari e allo zucchero. I consigli dietetici che vengono dati in questi ambienti smascherano l’irrazionalità delle procedure: capita che si proponga il latte o il formaggio di capra come sostituti di latte o
formaggio di mucca; il grano di spelta invece del frumento, e cose simili. Come se non
si sapesse che le caseine dei due animali crociano fra loro e che la spelta altro non è
che un antico frumento!
È bene che chi fa dell’allergologia pratica sia al corrente, beninteso, delle tecniche
diagnostiche riconosciute, ma non sia peraltro all’oscuro di teorie e tecniche anomale;
ciò per poter consigliare il paziente eventualmente tentato a ricorrervi. Molte Società
mediche e vari libri di testo hanno emesso prese di posizione, pareri critici e rassegne
su teorie e metodi non comprovati.
Inoltre, in vari siti web si possono trovare ottime trattazioni dell’argomento. Sotto il titolo “Allergy – unproven methods”, per esempio, si possono trovare dati di vari enti sanitari qualificati e fondazioni non profit, come Food Allergy Initiative (FAI). Vedi anche
“Quackwatch” (il nome è tutto un programma!) gestito dal dr. Stephen Barrett, di Allentown, Pennsylvania, il sito australiano “Allergy Capital” con altri ancora.

TEST DIAGNOSTICI IN VIVO
Test sottocutanei e sublinguali provocativi e di neutralizzazione
I test di provocazione e di neutralizzazione sono usati oggi specialmente dai cosiddetti
“ecologi clinici” per diagnosticare e trattare sedicenti sensibilità ad alimenti e entità
chimiche ambientali.
Nel test sottocutaneo provocativo la sostanza è iniettata sottocute in dosi crescenti finché
compaiono i sintomi. Nel test cutaneo di provocazione-neutralizzazione, l’iniezione immediata di una diluizione più o meno elevata dell’antigene viene seguita dalla scomparsa
del sintomo indotto. Nel test sublinguale, messo l’estratto del cibo o della sostanza chimica
sospetti sotto la lingua del paziente, si aspettano 10 minuti per la comparsa dei sintomi.
Quando il medico ritiene di aver identificato la o le cause dei sintomi, è allora il momento di dare la “dose neutralizzante”, cioé, di solito tre gocce di una dose diluita dello stesso estratto.
Ci si aspetta che i sintomi scompaiano nella stessa sequenza temporale nella quale essi
sono comparsi e la prevenzione del sintomo è attesa anche quando la dose è presa prima del challenge, per esempio per aver assunto un pasto contente l’alimento causale.
I vari metodi non sono standardizzati e i vari protocolli mostrano grandi variazioni.
Già negli anni 80 l’AAAI ha dichiarato che i metodi sopra descritti sono inattendibili e
mancano di un razionale immunologico.
LA CHINESIOLOGIA APPLICATA O TEST MUSCOLARE PER LE ALLERGIE
“Applied Kinesiology” (AK) è il termine di riferimento per un metodo pseudoscientifico di testing muscolare e di terapia connessa. Il concetto è che ogni disfunzione organica si accompagni ad una specifica debolezza muscolare, ciò che permetterebbe appunto una diagnosi
attraverso procedure di testing muscolare. A professarla sono chiropratici, cosiddetti naturopratici, fisioterapisti, sedicenti nutrizionisti e altri praticanti di dottrine parascientifiche. È bene ricordare che la chinesiologia, o studio del movimento, ha basi solidamente scientifiche.
È della chinesiologia applicata, che del termine chinesiologia si è appropriata, che stiamo
parlando ed è ovvio il rischio che la confusione aumenti il rischio di fuorvianza.
I sostenitori dell’AK teorizzano che allergie, deficit nutrizionali ed altre reazioni avverse agli alimenti si possano scoprire facendo assumere al paziente la sostanza sospetta
o facendola sciogliere sotto la lingua, ma alcuni dicono che basta che il paziente tenga in mano la sostanza o se la applichi in qualunque altra parte del corpo e c’è perfino chi dice che il test ha valore sul genitore che tiene in braccio il bambino. Kinesiology.net stima che esistano più di 50 tipi di sistemi e collegamenti rilevabili via AK.
Un esempio di questo teorizzare è dato da “Nambudripad’s Allergy Eliminatio Techique” (NAET): le allergie sarebbero causate da “blocco energetico”, diagnosticabile via
test di forza muscolare e curabile definitivamente mediante trattamento di acupressione o acupuntura. In Italia l’Associazione di Ricerca Intolleranze Alimentari indica un
test (DRIA test) basato sulla somministrazione di un estratto allergico seguito dalla misurazione all’ergometro della forza muscolare. Si considera positivo il test se vi è una
diminuizione della forza muscolare entro 4” dall’esposizione.
Il tutto senza che vi siano stati studi controllati a supporto dell’affermazione.

Secondo il dr. Stephen Barrett, citato sopra, i concetti di chinesiologia applicata sono
all’infuori della realtà scientifica e gli studi controllati non hanno mai trovato differenze
fra i risultati dei test praticati con le sostanze o il placebo, le differenze fra un test e
l’altro potendo ben riferirsi ad una quantità di variabili che vanno dalla suggestionabilità allo stato di fatica muscolare del paziente al momento dell’esame.
TEST CUTANEO ELETTRODERMICO, BIORISONANZA
E APPARECCHIATURE DISCUTIBILI
Non pochi medici tra i quali naturopati, chiropratici ed altri usano apparecchi “elettrodiagnostici” sui quali basano la scelta dei farmaci da prescrivere, spesso prodotti omeopatici. Questa procedura diagnostica va sotto il nome corrente di Elettroagopuntura secondo Voll (EAV) o Screening elettrodermico (EDS), ma altri nomi sono usati per
definirla, come Bioelectric function diagnosis (BFD), Bioresonance therapy (BRT) o Bioenergy regulatory technique (BER).
La prima apparecchiatura ad uso EAV si deve a Reinhold Voll, medico tedesco che si
era volto all’agopuntura negli anni ’50 e che nel 1958 fuse la teoria acupuntoria cinese coi differenziali galvanici della cute per mettere in pratica il sistema EAV. Anni dopo, un suo allievo, Helmut Schimmel, modificando e semplificando la tecnica del maestro, creò il primo modello di Vegatest, dal quale spuntarono in seguito numerose varianti, dai nomi molto suggestivi, che il dr. Barrett sopra citato, fedele al compito che si
è assunto, ha accuratamente elencato.
Gli sponsor di questi apparecchi sostengono che essi sono in grado di misurare le alterazioni del flusso corporeo dell’energia elettro-magnetica lungo i “meridiani acupunturali”, alterazioni che vengono diagnosticamente interpretate secondo le incontrollate
teorie di questi medici. In realtà queste apparecchiature consistono in poco di più di
uno stravagante galvanometro col quale si ritiene di registrare le differenze di voltaggio, più o meno anomale, della cute del paziente tra determinati punti (appunto gli “acupuncture points”). Recentemente, di questi apparecchi sono state presentate delle
versioni più “evolute”, fornite di schermo visuale computerizzato. Ma un ingegnere
biomedico esperto, che ha esaminato un Vegatest ha dichiarato che si tratta di un semplice misuratore di resistenza ed un recente studio controllato ha sancito che i test elettrodermici non hanno alcuna affidabilità nella diagnosi delle allergie.
Per Bioresonance si intende la possibilità di registrare le onde elettromagnetiche “buone” o “cattive” che non soltanto l’essere umano, ma anche le varie sostanze dell’ambiente, compresi gli allergeni, emetterebbero. Gli adepti sostengono la possibilità di
“filtrare” le supposte onde negative, così “riabilitando” il paziente. Ciò mediante un
apparecchio apposito (Bicom). Il concetto è stato sconfessato da un esperto che ha dimostrato che l’apparecchio stesso non è in grado di misurare le presunte onde. Due
studi controllati hanno negato ogni validità diagnostica e terapeutica della biorisonanza, rispettivamente nella pollinosi dell’adulto e nella dermatite atopica del bambino.
Varie ditte propongono sul mercato l’EAV e gli apparecchi di biorisonanza. Nel 1999

la British Advertising Standard Authority ha sottoposto a scrutinio dei pieghevoli illustrativi nonché un manuale proponenti la terapia di biorisonanza per una varietà di
affezioni che vanno dal mal di testa al sovrappeso, passando per l’affaticabilità, la
tensione premestruale ed altro.
La conclusione dell’Ente è stata una sconfessione dell’attendibilità di detto materiale. Lo
stesso hanno fatto le Società di Allergologia svizzera e tedesca per il Journal of Allergy
Clin. Immunol, rispettivamente nel 1996 e 2002. Inoltre in vari Paesi gli enti governativi
hanno emesso ordinanze nei confronti delle apparecchiature EAV. Rimane quanto meno
incomprensibile, pertanto, il fatto che in certuni di questi Paesi, tra i quali la Svizzera,
rimborsino i costi di queste “terapie”. E vale, a conclusione, quanto ha detto a questo
proposito il già citato dr. S. Barrett: “le apparecchiature sopra descritte vengono usate
per diagnosticare malattie inesistenti, per indicare cure non valide, per frodare le società di assicurazione. Il medico che li usa o è un illuso o è un disonesto, e magari è entrambe le cose. Gli apparecchi sarebbero da sequestrare e chi li usa da denunciare”.
TEST DIAGNOSTICI IN VITRO
Test citotossico e test ALCAT
Il test leucocitotossico, detto anche test di Bryan e test di intolleranza metabolica, fu
proposto durante i primi anni ’80. I suoi sostenitori ne assicuravano l’attitudine a determinare la sensibilità agli alimenti da essi ritenuta alla base, oltre che dell’asma, di una
coorte di altre patologie di natura internistica. Il test è basato sull’assunzione che l’aggiunta dell’allergene specifico in vitro al sangue intero o ad una sospensione in siero di
leucociti dia luogo ad una riduzione dei bianchi o alla loro apoptosi. Il test si esegue su
10 ml di sangue del paziente ottenendo la separazione per centrifugazione dei leucociti. Questi, misti al plasma, vengono stesi su vetrino portaoggetti previamente ricoperto
di un velo di allergene del tipo che viene usato per il test cutaneo. Le preparazioni sono
in seguito esaminate ad intervalli per controllare variazioni di forma o disintegrazione
dei figurati che si suppongono collegate all’allergia specifica. I risultati, manco a dirlo,
sono usati per interpretare la sintomatologia del paziente e per infliggergli un “programma dietetico personalizzato” integrato da vitamine e minerali. Le pronunce dell’AAAI ed un articolo-rassegna di Lehman del 1980 hanno chiaramente affermato l’inattendibilità di questo test nella diagnosi allergica, alimentare e/o respiratoria.
Degli interventi governativi USA, inoltre, hanno messo un freno al battage commerciale a
suo tempo fatto attorno al test citotossico il quale, malgrado ciò, è ancora sporadicamente
usato. In seguito, è stato lanciato in vari Paesi un test più sofisticato riguardanti le ipersensibilità non IgE-mediate. Si tratta dell’ALCAT ossia Test for Cellular Responses to Foreign
Substances. È basato sulla misurazione del diametro delle cellule bianche dopo challenge
con allergene e con tutta una serie di additivi, farmaci e quant’altro. Il motto promozionale
è: “evidenziare le reazioni avverse agli alimenti mediante la più avanzata tecnologia”.
La tecnologia consiste nella misurazione dimensionale dei corpuscoli ematici, dopo un
periodo di incubazione con le sostanze presunte causali, mediante una strumentazione
elettronica, ADS 1200, che consente conte istantanee delle cellule in serie parallele di
grandezza, che a loro volta consentono l’elaborazione di un istogramma.

Il foglio illustrativo dell’apparecchio dichiara l’estrema sensibilità e riproducibilità dei
risultati. Vengono anche citati alcuni lavori a supporto, per lo più consistenti in interventi congressuali o in articoli comparsi su giornali privi di un comitato di redazione.
Tre di questi lavori vengono dalla Polonia, ma i loro risultati sono stati in buona parte
sconfessati da una successiva review proveniente dalla Polonia stessa. Un articolo dal
Sud Africa parla di scarsa riproducibilità di questo test e ne sconsiglia l’uso.
Uno studio italiano che confronta i dati ALCAT con la misurazione delle IgE specifiche,
non riporta i dati delle analisi. Il bisogno di ulteriori indagini su questo test è evidente,
ma è fin d’ora chiaro che il sistema ALCAT è una riedizione del vecchio “cytotoxic testing”, che non è finora riuscito a produrre un’adeguata documentazione di supporto
e che non dovrebbe essere in nessun caso ammesso a rimborso dai vari organi di sanità pubblica.
DETERMINAZIONE DELLE IgG E IgG4 SPECIFICHE AI CIBI
Delle IgG specifiche e loro sottoclassi, come le IgG4, sono evidenziabili in bambini e
adulti portatori di situazioni fisiologiche o patologiche diverse e la loro incidenza va
incontro ad una caduta dopo eliminazione dell’allergene specifico. La determinazione
di questi anticorpi specifici coi vari metodi noti (immuno-precipitazione, emagglutinazione passiva, RAST/CAP IgG, ELISA e chemoluminescenza), da sola, non prova l’esistenza di una reazione allergica al cibo, tanto meno di una reazione di tipo III mediata da immunocomplessi.
Al di là degli aspetti clinici suggerenti una reazione di tipo III alimentare – vi sono in
letteratura soltanto alcune segnalazioni aneddotiche al riguardo – è avvertito il bisogno
di parametri sierologici di riferimento, come la misura dell‘attivazione del complemento oppure della presenza di complessi immuni antigene-anticorpo dopo provocazione
orale controllata con l’allergene supposto in causa. Il Position Statement dell’AAAI dichiara che per ora il valore della misura degli immunocomplessi quanto alla diagnosi
dell’allergia alimentare è ancora da provare e di per sé non deve trovar posto nella
pratica clinica corrente.
Uno studio di follow-up su bambini in età da 2 a 5 anni con allergia alimentare dimostrò che la presenza delle IgE e IgG a latte, uovo e pesce vanno di conserva nella
maggioranza dei casi, ma che un precoce elevato rapporto igG/IgE agli alimenti sembra essere un buon segno prognostico indicante una possibile attitudine bloccante delle IgG. In un altro studio furono determinate le IgE ed IgG specifiche contro 35 allergeni nei sieri di 400 soggetti atopici e 48 individui sani mediante test di chemiluminescenza. I livelli delle IgG specifiche risultarono simili, ma nei pazienti con alti livelli di
IgE risultarono pure presenti livelli elevati di IgG allergene-specifiche.
Inoltre la determinazione delle IgG specifiche agli allergeni alimentari non apparve distinguere tra pazienti positivi al test in doppio cieco contro placebo (DBPCFC) e quelli
negativi. Gli esiti positivi dopo eliminazione degli alimenti IgG-positivi nelle cosiddette
“reazioni da ipersensibilità ritardata” sotto forma di asma, cefalea, spossatezza, otite
sierosa ed altre manifestazioni corrispondono all’elevato effetto placebo di qualsiasi
manipolazione dietetica.

IL COSIDDETTO PROFILO ALLERGICO ALIMENTARE
Alcuni medici “alternativi” usano determinare un sedicente Profilo Allergico IgE e IgG
contro un centinaio di alimenti che vanno dal latte e latticini al pesce con molluschi e
crostacei, alle carni varie, oltre ai cereali diversi e agli altri vegetali, più una categoria
detta miscellanea dove sta tutto il resto (lievito, zucchero, cacao, caffé, fino al miele). I
risultati vengono espressi in colore secondo una scala di reattività che va da 0 a +3.
Su tale base viene elaborata la prescrizione terapeutica (Guida al vero sollievo) con istruzioni relative ad una prima fase di Dieta di eliminazione che sopprime i cibi IgGpositivi ed una seconda fase, il Programma dietetico rotativo, nella quale l’alimento eliminato continua ad essere escluso per un periodo determinato su base computerizzata
in relazione alle positività risultate nel profilo (1+, 2+, 3+ possono corrispondere a 3,
6 o 9 mesi di esclusione), per essere poi reintrodotto in una terza fase.
Gli altri cibi, quelli ammessi, vengono sottoposti a rotazione per prevenire nuove allergie (sic).
L’insieme della procedura, oltre ad essere costoso, come facilmente si immagina, manca di ogni presupposto scientifico e può essere pericoloso quando un’allergia IgE mediata è ancora presente nella fase di reintroduzione.
Ma il sofisticato insieme non manca di fare la debita impressione nel paziente, specie
se esso non ha affatto delle allergie alimentari. Aggiungendosi al carisma del medico
che lo gestisce, il suo effetto placebo è assicurato ed il paziente può andare incontro a
dei benefici, almeno temporanei.