La pizza, associata ad un regime dietetico equilibrato, in grado di rispondere ai fabbisogni quotidiani di carboidrati, grassi, proteine, fibre, vitamine e minerali, può costituire un´ottima alternativa ad un pasto completo. A titolo puramente indicativo, si può dire che 100 grammi edibili di una generica pizza con pomodoro e mozzarella, preparata secondo la ricetta dell´Istituto Nazionale della Nutrizione sviluppano 271 kcal (pari 1135 kj) e apportano 52 grammi di carboidrati, 5.6 grammi di grassi e 5.6 grammi di proteine. Sulla base di questi dati, una pizza del genere – se esistesse e pesasse 250 grammi! – potrebbe sostituire, dal punto di vista delle calorie totali, un pasto completo (es. una cena) e, pur essendo sbilanciata in difetto per la quota proteica, sarebbe in grado di apportare una quota di amidi più che adeguata ai fabbisogni nutrizionali e, addirittura, una quantità di grassi (5.6%) di gran lunga inferiore rispetto alla soglia (30%), da non superare, secondo l´Organizzazione Mondiale della Sanità, per prevenire l´obesità.
ma guardiamo assieme come può giovare alla salute:

Articolo a cura del dott. Eugenio Luigi Iorio Medico nutrizionista dell’Università di Napoli
Pubblicato da admin, Lun 19/12/2005

La pizza è un prodotto artigianale ottenuto per cottura, mediante forno a legna, di un impasto (un “panetto” ricavato per lievitazione naturale di una miscela di farina, acqua, sale e lievito di birra, opportunamente riposato) disteso manualmente fino a realizzare una conformazione geometrica con elevato rapporto superficie/volume, guarnito superiormente ad arte con prodotti semplici (di prevalente derivazione vegetale), da consumarsi “espresso”, cioè immediatamente dopo la cottura.

La “bontà” di una pizza – così intesa – dipende da numerosi fattori: la qualità delle materie prime, le modalità di lievitazione dell’impasto, il tipo di guarnizione e le modalità di cottura. Tutti questi elementi, nel loro complesso, concorrono a determinare la palatabilità, cioè la gradevolezza al gusto, la digeribilità e le proprietà nutrizionali della pizza stessa.

Le materie prime – delle quali va garantita al consumatore la tracciabilità, cioè il percorso da esse seguito dal sito di produzione fino al banco del pizzaiolo – costituiscono indubbiamente gli elementi maggiormente in grado di condizionare la qualità nutrizionale della pizza.

Per quanto riguarda l´impasto, occorre che la farina sia di grano tenero del tipo doppio zero (“00″) e possieda alcuni requisiti reologici che, però, non sono in grado di influenzare direttamente le proprietà nutrizionali del prodotto finito. Viceversa, il tipo di grano dal quale essa è ricavata, le tecniche di lavorazione e le modalità di conservazione e stoccaggio prima dell’uso sono tutti fattori in grado di condizionare pesantemente la qualità di una pizza, che è fatta – lo ricordiamo – prevalentemente da farina e solo una buona farina potrà fornirà buoni carboidrati e buone proteine. Il lievito deve essere di birra ed in perfetto stato di conservazione; esso, infatti, è costituito da microrganismi “vivi” che devono essere nelle migliori condizioni prima di poter operare sull´impasto. L´acqua non deve essere troppo dura e né possedere un pH molto lontano dalla neutralità. Il sale dovrebbe essere quello marino, naturalmente ricco in ioduri, sostanze che hanno la proprietà di regolare il buon funzionamento della tiroide, una ghiandola indispensabile per il nostro metabolismo.

A parità di materie prime, una pizza sarà tanto più buona quanto più l´impasto sarà fatto “a regola”. Così, farina, acqua, lievito e sale, per garantire un impasto di pregevoli qualità nutrizionali, dovranno essere mescolati tra loro in adeguate proporzioni, lavorati con tecnica opportuna e lasciati in condizioni tali da favorire una lievitazione ottimale.

In tale contesto, occorre fare attenzione ad alcuni non trascurabili dettagli, in grado di influire in maniera notevole sulla qualità del prodotto finito. Per esempio, è buona norma sciogliere il lievito in acqua, eventualmente intiepidita, prima di aggiungerlo all´impasto. In questo modo, infatti, verrà garantito a ciascun microrganismo il contatto con un adeguato volume di acqua, la fonte primaria della vita. Una temperatura troppo bassa rende più lenta l´attivazione e la riproduzione dei microrganismi, prolungando i tempi della lievitazione, laddove una temperatura troppo alta rischia di uccidere queste piccole quanto preziose forme di vita, bloccando definitivamente la lievitazione. Viceversa, una temperatura intorno ai 25-30°C metterà il lievito nelle condizioni ottimali per poter operare sull´impasto. E´ sconsigliabile solubilizzare il lievito nell´acqua in cui sia stato già disciolto il sale. Infatti, l´elevato grado di salinità ostacola l´attivazione e la riproduzione dei microrganismi del lievito, con ripercussioni negative sulla qualità dell´intero processo.

Da una corretta lievitazione dipenderanno l´equilibrato apporto dei nutrienti e la digeribilità, elementi fondamentali della qualità nutrizionale della pizza. La lievitazione, infatti, è un processo biochimico nel corso del quale i carboidrati complessi della farina del grano sono demoliti, ad opera dei microrganismi del lievito, in zuccheri progressivamente più semplici, con sviluppo di gas e di piccole quantità di acidi. Una buona lievitazione deve garantire lo sviluppo di una quantità di zuccheri semplici tale da consentire una soddisfacente digeribilità e, contemporaneamente, una quantità di zuccheri complessi tale da garantire un sufficiente senso di sazietà, che non “affatichi” il pancreas nella produzione dell´insulina. Purtroppo, non esiste un buon indicatore oggettivo del grado ottimale di lievitazione. Tuttavia, poiché quest´ultima è un processo che sviluppa gas e, quindi, fa ridurre la densità, cioè il rapporto tra peso e volume a favore di quest´ultimo, se un fiocco di impasto riesce a galleggiare sulla superficie di un po´ d´acqua distillata versata in un bicchiere, si può essere ragionevolmente sicuri che la lievitazione è a buon punto.

Le materie prime della guarnizione servono ad arricchire la qualità nutrizionale della pizza, aggiungendo alla base, costituita prevalentemente da carboidrati, quantità adeguate di grassi, proteine e micronutrienti.

Nel caso della tradizionale margherita, l´olio extravergine di oliva garantirà l´apporto dei benefici grassi vegetali e, insieme ad essi, i preziosi polifenoli, sostanze ad attività antiossidante che hanno la proprietà di contrastare i temibilissimi radicali liberi. La mozzarella di bufala (o il fiordilatte), ed eventualmente il parmigiano e/o il pecorino, aggiungeranno modiche quantità di proteine animali (più digeribili del latte da cui derivano) e ancora un po´ di grassi. Va sottolineato che i grassi, sia vegetali che animali, non rappresentano solo una fonte calorica, ma sono i principali responsabili della palatabilità della pizza ed è impossibile farne a meno se si vuole ottenere un buon prodotto. Il pomodoro arricchirà il patrimonio nutrizionale completando la quota di fibre, e, soprattutto, apportando il licopene (un altro prezioso antiossidante) ed i sali minerali (tra cui gli utilissimi potassio, magnesio, zinco e selenio).

La cottura con forno a legna completerà una serie di processi biochimici, iniziati con la lievitazione, grazie ai quali al progressivo indurimento della base lievitata corrisponderà il rammollimento della guarnizione, in un gioco estremamente intrigante di opposizioni sensoriali che porterà ad un prodotto estremamente gradevole alla vista, come al tatto e al gusto e, soprattutto, nutrizionalmente bilanciato.

Purtroppo, sulla base dei dati forniti dall´Istituto Nazionale della Nutrizione non è possibile fare una valutazione quantitativa della pizza dal punto di vista nutrizionale, perché le Tabelle di Composizione degli Alimenti riportano solo tre tipologie di pizza (bianca, con pomodoro, e con pomodoro e mozzarella) senza indicare la qualità e, soprattutto, la quantità degli ingredienti utilizzati. A titolo puramente indicativo, tuttavia, si può dire che 100 grammi edibili di una generica pizza con pomodoro e mozzarella, preparata secondo la ricetta (non disponibile!) dell´Istituto Nazionale della Nutrizione sviluppano 271 kcal (pari 1135 kj) e apportano 52 grammi di carboidrati, 5.6 grammi di grassi e 5.6 grammi di proteine. Sulla base di questi dati (puramente teorici!), una pizza del genere – se esistesse e pesasse 250 grammi! – potrebbe sostituire, dal punto di vista delle calorie totali, un pasto completo (es. una cena) e, pur essendo sbilanciata in difetto per la quota proteica, sarebbe in grado di apportare una quota di amidi più che adeguata ai fabbisogni nutrizionali e, addirittura, una quantità di grassi (5.6%) di gran lunga inferiore rispetto alla soglia (30%), da non superare, secondo l´Organizzazione Mondiale della Sanità, per prevenire l´obesità.

La pizza, comunque, preparata con gli opportuni accorgimenti e associata ad un regime dietetico equilibrato, in grado di rispondere ai fabbisogni quotidiani di carboidrati, grassi, proteine, fibre, vitamine e minerali, può costituire un´ottima alternativa ad un pasto completo. Inoltre, modificandone adeguatamente il tipo e/o la quantità delle materie prime, essa può costituire un ottimo “carburante” per chi pratica attività sportiva e può contribuire persino a ridurre la massa grassa e, quindi, a dimagrire in maniera “intelligente”.