Il pesce crudo, portato all’onore della cronaca per la sua ricchezza di nutrienti ed apprezzato da molti per il gusto deciso, è nuovamente di gran moda. Corsi e ricorsi storici: negli anni ottanta spopolavano cozze ed ostriche crude, una moda chic; oggi tocca al sushi, servito quasi ovunque! Ma perché il pesce crudo è così apprezzato e ricercato? Proviamo a far chiarezza! Da sempre il pesce è apprezzassimo dal punto di vista nutrizionale: al suo sapore delicato si associano qualità nutritive eccellenti, come la ricchezza di minerali quali selenio, fosforo, iodio e ferro ad alta biodisponibilità (cioè di più facile assorbimento), di vitamine (in particolare A ed E), di proteine ad alto valore biologico (cioè proteine composte da amminoacidi essenziali, che il nostro organismo non è in grado di produrre e che possiamo prendere solo attraverso l’alimentazione) con importante funzione costruttiva e rigeneratrice per il nostro organismo (motivo per il quale il pesce è indicato dall’infanzia all’età senile); non in ultimo la ricchezza in omega 3, acidi grassi importanti per la corretta funzionalità di sistema nervoso e cardiovascolare, con azione anti-infiammatoria e anti-neurodegerativo, associati da numerosi studi scientifici alla riduzione del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e con azione benefica su patologie infiammatorie e autoimmuni.
Il mito degli innumerevoli benefici apportati dal pesce consumato crudo nasce da fatto che le caratteristiche nutritive appena annoverate restano inalterate, mentre le stesse si riducono notevolmente quando il pesce viene sottoposto a cottura: infatti gli omega 3, i minerali, gli amminoacidi essenziali e le vitamine sono termolabili e si denaturano con la cottura (diminuendo, quindi), mentre restano integri nel pesce crudo. Il risultato è che il pesce crudo risulta ben più ricco in nutrienti e più “funzionale” per il nostro organismo. Solo pesce crudo allora? Non proprio! Va detto che, in primo luogo, neppure ingerendo pesce crudo è assicurato l’assorbimento in toto delle sostanze benefiche: infatti il pesce crudo è meno digeribile di quello cotto, pertanto i nutrienti seppur integri, potrebbero essere in parte persi nel transito intestinale. Non va, poi, trascurato un altro aspetto, relativo al rischio microbiologico: il pesce crudo può infatti essere veicolo di un piccolo parassita, l’anisakis, un vermetto (un nematode) che vive nell’addome di molti pesci (più frequentemente ne sono infestati sardine, aringhe, sgombri, sparidi, pesci sciabola e San Pietro, ma anche calamari e totani) e che, se ingerito dall’uomo, può provocare seri danni, quali ulcerazione della mucosa o addirittura perforazioni della parete gastrico-intestinale o crisi allergiche con il rischio di reazioni anafilattiche. A nulla servono la marinatura con succo di limone né l’affumicatura a freddo; il parassita viene ucciso solo dalle alte temperature della cottura o dal congelamento (almeno 24 ore a -20°C). Ciò non vuol dire rinunciare totalmente al pesce crudo, ma cautelarsi da eventuali danni conoscendo bene come comportarsi! Ecco qualche buona norma: se acquistiamo pesce fresco e vogliamo consumarlo crudo, dobbiamo pretrattarlo, mettendolo nel freezer (che solitamente raggiunge temperature tra i -15 e i -18°C) per almeno 4-5 giorni; mentre, se vogliamo consumarne al ristorante, accertiamoci che sia passato in abbattitore (un macchinario che permette di raggiungere, in tempi rapidi, temperature molto basse, circa -40°C). Come al solito “attenzione” e “moderazione” sono le raccomandazioni che ci permettono di non sbagliare! Spazio quindi a sushi & Co e grigliate di pesce, con le dovute accortezze che vi permettano di assaporarli senza preoccupazione alcuna!